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San Remigio battezza Clodoveo I
Chi occulta il Segreto di Fatima?
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L’Evento di Fatima, riportando gli uomini al senso cristiano della storia che ha per centro Cristo Signore, ci aiuta anche a capire e ad approfondire i fatti storici dell’era moderna.
Questa comprensione parte dal riconoscimento della fondamentale opposizione tra la Città di Dio e la città degli uomini, tra la Chiesa e la Sinagoga di Satana, tra Roma e Babilonia, tra il Cristianesimo e la Rivoluzione.
Questa opposizione metafisica, irriducubile è la chiave dell’immane crisi della società umana, dilacerata da conflitti, da odii, dalla droga, dall’aborto, dal divorzio, dall’immoralità e da ogni violenza, mali sfrenati che distruggono in modo crescente la convivenza civile, mentre la tecnologia, inevitabilmente a servizio della mentalità dominante, va devastando la natura a livello cosmico.
Tale processo distruttivo ha certamente molte cause intermediarie, ma la più diretta è quella religiosa: del rifiuto metafisico del Bene.
Se Fatima fa parte dell’intervento di Dio nel mondo, come crediamo, il mondo che vuole liberarsi di Dio non può che rifiutare Fatima.
Per contro, la soluzione dei grandi problemi umani è religiosa, poiché è lo spirito a ordinare le idee e queste a governare la vita.
Il peggior rifiuto ha quindi aspetto religioso.

Ecco il modernismo che vuole che lo Stato, per essere ordinato e pacifico, sia secolarizzato, cioè indifferente e ateo, e che la religione sia confinata alle chiese; ridotta a credenze personali: una religione, cioè, al servizio della società anziché della Verità, della pacificazione umana anziché dell’unione con Dio.
Ma la libertà per la Chiesa, che, ovunque, ha per presupposto il poter predicare la verità del Verbo di Dio, Nostro Signore Gesù Cristo, accusando gli errori contrari, non può essere limitata dallo Stato, perché verrebbe meno al fondamento stesso della religione: la priorità della verità su ogni altro valore!
A questo punto si capisce che il messaggio, all’immagine della verità del Verbo applicata al nostro tempo per liberare i fedeli da questi errori religiosi disturba quanto il Magistero.
Fa paura un messaggio che rappresenti la Religione dell’intervento di Dio nella società degli uomini.

Il Segno di contraddizione nella Storia

Dopo aver parlato della Storia sotto l’intero dominio del suo Signore sembra difficile poter spiegare perché Gesù Cristo sia stato crocefisso, e a Sua immagine, tanti Santi martirizzati e la Chiesa perseguitata.
Che vittoria è mai questa che implica alla fine una contraffazione religiosa per cui anche i fedeli sarebbero al punto di essere sviati e, per quanto dice questo libro: il Messaggio di Maria manomesso e archiviato!
I Cristiani chiamano tale questione il segno di contraddizione.

Il mentore della Rivoluzione all’origine della Storia

La storia umana è la storia di una ribellione cresciuta e moltiplicata.
Nell’inizio del 1° libro della Sacra Scrittura, la Genesi, c’è l’episodio del «Peccato originale» le cui conseguenze condizionano tutta la storia.
Dal momento in cui la volontà dell’uomo seguì il richiamo concupiscente del potere la creatura umana si separò dall’immutabile volontà del Creatore che governa l’Universo e cominciò il traumatico conflitto tra la creatura decaduta e l’ordine divino i cui princìpi sono incisi nella sua coscienza.
E già nella Genesi è menzionato il decorso di questa lotta e il suo esito finale per l’azione della Vincitrice sul seduttore ribelle: «Porrò inimicizia fra te e la Donna, tra la stirpe tua e la stirpe di Lei; Essa ti schiaccerà il capo, e tu insidierai il suo calcagno» (Genesi 3,15).
Ecco il germe di tutta la storia del mondo, della Redenzione, della Chiesa e anche di un evento straordinario come Fatima.
Dagli albori della storia, quindi, l’uomo decaduto e in crisi, sa che può aderire ad una delle stirpi contrapposte da una inimicizia fondamentale: da una parte, la Donna, Vergine e Madre, che respinge ogni ribellione, aderendo ai segni della Volontà divina; dall’altra, il tentatore del «non serviam», che seduce gli uomini ad una falsa libertà e autonomia dal volere divino per separarli per sempre da Dio.
La ribellione originale ha generato tante altre ribellioni, che sono aumentate nel corso della storia con l’accrescere del potere umano, moltiplicandosi e rinforzandosi con violenze, conflitti, rivoluzioni e guerre mondiali, fino al leviatano moderno, la Rivoluzione per eccellenza, che occupa ogni campo civile e religioso con il suo pluralismo di errori e di menzogne per intronizzate la legge e il culto dell’uomo nel Luogo santo di Dio. (confronta II Tessalonicesi 2).
Si deve perciò riconoscere due campi contrapposti che l’uomo può scegliere come dimora per la sua coscienza: Dio lascia infatti libero il pensiero e la volontà umana, ma la fede è a Lui vincolata; lascia libero il giudizio delle cose, ma la retta coscienza è la Sua stessa voce; lascia libera la scelta di credere o non, ma la Sua Religione è una sola.
Ora, la «Rivoluzione» come proiezione della ribellione originale nella società, crea la sua libertà nell’errore, di modo che la Rivoluzione é per l’umanità quello che la ribellione è per ogni uomo.
Entrambe hanno un rapporto di rifiuto e autonomia verso la volontà di Dio, suscitato dalla superbia, dall’invidia e dalla sensualità che accecano.

E’ imprescindibile tenere presente la dimensione religiosa della Rivoluzione perché, senza riconoscere la vera natura, si può perdere di vista il suo obbiettivo finale, limitando la sua portata distruttiva, o pensando che un nuovo corso possa cambiare i suoi obbiettivi finali che sono quelli del metafisico «non serviam».
Questo è detto perché considerarla un fatto soltanto politico, contrario alla civiltà cristiana, non è sufficiente.
Sarebbe come considerare la rivoluzione comunista l’espressione massima della Rivoluzione, il che si sta dimostrando falso.
Infatti, questa non è più che uno dei tentacoli del processo totale che si serve di ogni mezzo per colpire il cuore stesso del Cristianesimo: la Chiesa e, in essa, il Santuario.
Solo da questi ultimi prende forza ogni difesa, perché solo in essi è la soluzione dei problemi del pensiero e perciò della crisi moderna che è, come si è veduto prima, innanzitutto religiosa.
Ma, attenzione!
Anche tra la «Religione» che, essendo depositaria della Volontà divina, è unica e necessaria, e le «religioni», che raccolgono un miscuglio di idee e sentimenti, anche di apparenza buona, c’è una differenza abissale, che si ricollega alla contrapposizione essenziale.
Ricordiamo che Gesù Cristo, venuto in un mondo che era diffusamente religioso, ha detto subito, all’inizio del suo insegnamento: «Pensate che lo sia venuto a portare la pace sulla Terra? Non sono venuto a portare la pace, ma la spada».
E per accentuare la contrapposizione: «Sono venuto a separare il padre dal figlio, la figlia da sua madre e la nuora dalla suocera, e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua stessa casa» (Matteo 10,34; Luca 12,51).
E se nelle stesse famiglie la vera fede ha bisogno di essere separata dalle false credenze, quanto più difficile è farlo nella società!

La Natura della Rivoluzione

La Rivoluzione è quel processo dominante che, dall’inizio, vuol confondere per cancellare nelle anime la religione dei Comandamenti rivelati da Dio e che, perciò, trascendono ogni conoscenza.
La Rivoluzione, essendo un processo di opposizione ostinata, aperta o occulta, all’ordine naturale, con cui Dio ha creato ogni cosa e ognuno per un suo divino disegno, ha un corso inevitabilmente distruttivo.
Prima o poi, le società e le famiglie che vi soccombono vedranno avvicinarsi l’annientamento.
Malgrado ciò, essa può crescere come un cancro, associando passioni ed odi fino a generare un suo prodotto finale, descritto dall’ultimo Libro sacro, l’Apocalisse, come il distruttore Anticristo, attrezzato con poteri incomparabili di seduzione ed inganno, per corrompere tutti quelli che non hanno il Segno di Dio, la Croce, che è amore e soggezione filiale.
In questo tempo finale, più che mai, ci vorrà un eroico discernimento per scegliere tra la via larga di un apparente benessere, nel nome della libertà, della giustizia e della pace, proposta da un illusorio superamento delle contraddizioni essenziali, che è l’umanitarismo religioso, e la via stretta della preghiera e della penitenza, secondo la Fede rivelata dal Crocefisso e illuminata, nell’ora presente, da un segno materno inviato dalla Volontà divina.
Si può parlare allora di una «rivoluzione cattolica»?
Ecco un mescolamento finale di acque che, con un estremo inganno, vorrà sostituire la vera contrapposizione, l’inevitabile lotta tra il bene e il male, con un compromesso che porterebbe, senza colpo ferire, la Chiesa all’autodistruzione.
Ecco cos’è l’umanitarismo, l’ultima tappa di tutte le rivoluzioni.
Quando i fedeli saranno stanchi di perseverare nella lotta che separa, quando temendo la violenza rivoluzionaria, sceglieranno «il male minore», saranno già scivolati nella scelta del male.
Viviamo questi tempi?
E’ quello che si deve vagliare, considerando l’introduzione del processo rivoluzionario e il «fumo di Satana» nella sua meta finale: la Chiesa di Dio.
La Guerra e la Rivoluzione del 1917, seguite dalla II Grande Guerra, rappresentano i momenti più appariscenti di una devastazione su scala mondiale della Rivoluzione totale.
Sono superate?
Stiamo tornando alla normalità e alla pace o un’altra tappa della stessa Rivoluzione si sta compiendo in modo sotterraneo, ma ancora più infausto, nel mondo delle idee?

Soloviev aveva capito il pericoloso inganno inerente a quel cristianesimo umanitario espresso da Tolstoj per cui Gesù Cristo si riduce a un simbolo dell’umanità che divinizza le proprie opere e pensieri al punto di divenire l’idolo di se stessa e che viene rappresentata dall’uomo notevole, dall’asceta e filantropo, sintesi del pensatore e spiritualista, il modello umano che deve imperare e essere incensato dal mondo, quello che nelle Scritture prende il posto di Dio: l’Anticristo.
Esso arriva al Seggio supremo attraverso una religione senza pari, perché la sintesi di tutte, che predica così: «Il Cristo è stato il riformatore dell’umanità, predicando e manifestando il bene morale nella sua vita; io, invece, sono chiamato ad essere il benefattore di questa umanità, in parte emendata e in parte incorreggibile. Il Cristo, come moralista, ha diviso gli uomini secondo il bene e il male, mentre io li unirò coi benefici che sono ugualmente necessari ai buoni e ai cattivi. Ecco la sua seduzione: la via aperta, la pace e la prosperità universale... qualcosa che abbraccia insieme e mette d’accordo tutte le contraddizioni».

Da ribellione personale a Rivoluzione Sociale

Dalla ribellione originale, suscitata dal serpente diabolico in Adamo ed Eva, causando l’allontanamento dell’uomo dal Creatore, egli, l’uomo, vive nel conflitto costante tra la scelta di quel che più alletta la sua volontà concupiscente e i precetti divini, profondamente segnati nella sua coscienza.
Così, la storia umana dell’uomo decaduto cominciò segnata dalle violenze, dalle idolatrie e da un sensuale paganesimo.
I segni divini per aiutare l’uomo nella scelta del buono e del vero, allontanandolo dalla brutalità pagana, non sono mai mancati, specialmente per il popolo eletto, che ha continuamente ricevuto segni per credere nel Dio vero.
Ma le preferenze umane hanno, anch’esse, continuato ad infettare e ad oscurare in modo tale questa fede che, alla venuta del Messia annunciato dalla Rivelazione, lo stesso popolo eletto e la sua classe sacerdotale, preparati per riconoscerlo e accoglierLo, Lo hanno negato e crocifisso.
Ed ecco che la Rivelazione, negata dagli ebrei, fu consegnata ai popoli gentili, iniziando il tempo delle nazioni.
Si può dire che, da allora, la vecchia Sinagoga si auto-trasformava in centro di una rivoluzione religiosa, talmudica e giudaizzante, che usava tutti i suoi poteri e intrighi per combattere Cristo e perseguitare i suoi fedeli.
Così, nell’era cristiana, il germe della Rivoluzione che fu diffusa nel mondo e che perdeva forza da un lato, estendeva i tentacoli da un altro, sempre contro la volontà di Dio, Uno e Trino.
Tra queste religioni sorse l’islamismo: contrapposizione alla verità della Trinità divina, rinforzatosi in un Oriente cristiano dove si annidavano eresie e scismi distruttivi.
Tutte queste deviazioni erano di natura rivoluzionaria, perché insorgevano contro l’autorità divina.
L’eresia ariana, per esempio, negando la divinità di Gesù Cristo, contestava l’autorità alla Sua Dottrina.
Così lo scisma che, rifiutando ubbidienza al Pontefice Romano, negava l’autorità del Primato, istituito divinamente dal Salvatore.
Le persecuzioni e le eresie disgregatrici del Cristianesimo furono, però, contenute allora, dalla provvidenziale conversione dell’Impero Romano per mezzo di Costantino.
La storia racconta che l’imperatore, prima di una decisiva battaglia, a Roma, nel 312 avanti Cristo, avendo avuto la visione del Segno di Cristo in cielo con la scritta «In hoc signo vinces», che lo aveva portato alla vittoria militare, credette e si convertì.
Seguirono mille anni che, sebbene tempestati da divisioni, errori e delitti, hanno fatto fiorire senza pari la Civiltà Cristiana.
Neppure il Grande scisma d’Oriente, maturatosi nel 1054, contro il principio d’Unità cattolica, e neppure le dispute attorno al Seggio del Successore di San Pietro, hanno potuto indebolire la solidità della Chiesa.
La tentazione rivoluzionaria è tornata forte nel secolo XIV con l’introduzione, in Europa, di una cultura neopagana che, appoggiata da nuove idee filosofiche, prendevano il sopravvento sul rigore scolastico, e affievolendo lo zelo religioso e le difese della Civiltà Cristiana, derideva l’austerità cristiana in favore di manifestazioni artistiche sempre più sensuali e festive.
L’Umanesimo rinascimentale fu una forma rivoluzionaria che, mescolando speculazioni filosofiche e teologiche, alimentò dubbi morali e religiosi, l’avidità di ricchezze e di benessere e divisioni nazionali nella società, che avrebbero minato la vita e l’autorità della Chiesa.

La Rivoluzione Protestante

Scoppiò allora la rivoluzione protestante di Lutero, che si manifestò, inizialmente, come un ritorno alle verità originali dei Cristianesimo per la liberazione del presente.
Ma tale «verità» pretendeva giustificare, nella Fede, la decadenza umana con la negazione del libero arbitrio e, contraddittoriamente, innalzare la coscienza umana ad arbitra e interprete della Rivelazione biblica contro
l’autorità della Chiesa.
Le conseguenze della pseudo-Riforma furono disastrose per il Cattolicesimo, sia dal punto di vista dell’inquinamento filosofico e dottrinale, sia da quello della sua divisione e inevitabile conflittualità politica e sociale.
Sentiamo il Papa Leone XIII nella sua Enciclica «Diuturnum» del 29 giugno 1881: «Fu dalla Riforma che nacquero, nel secolo scorso, la falsa filosofia e quello a cui si dà il nome di diritto moderno, così come la sovranità del popolo e quella licenziosità scatenata, senza la quale molti già non sanno distinguere la vera libertà».
Dottrinalmente, perciò, la riforma protestante ha contribuito al processo rivoluzionario, completando la sua opera con la collaborazione politica dei suoi capi, ragion per cui «la rivoluzione francese non è stata altro che una vendetta della Riforma», secondo quanto ha scritto il canonico Roul, menzionato dallo scrittore Jean Ousset, che continua: «I Riformisti hanno contribuito indirettamente a questo, per mezzo dei filosofi e delle società di pensiero, che avevano prima pervertito e che, a loro volta, si sono incaricate di diffondere ovunque la confusione. Basta pensare a Rousseau e all’influenza che ha esercitato sulla rivoluzione e i rivoluzionari. Ebbene, in tutti i sensi dell’espressione, ‘Rousseau veniva da Ginevra’ (protestante)».
La Rivoluzione viene alimentata, a livello delle persone, dalla triplice concupiscenza, e cioè dalla superbia, dall’invidia e dalla sensualità.
Queste si traducono nel sociale in tanti modi.
Però, siccome la Rivoluzione è essenzialmente ribellione all’autorità divina, essa vuole, come suo scopo primario, cancellarla dalla società umana, tramite la conquista del potere secolare.
Ma non sempre questo è possibile o conveniente, perciò la Rivoluzione si diffonde, anche, corrompendo dottrinalmente la legge divina, sia con interpretazioni distorte, sia inquinandola con concetti falsi per mezzo di una «rivoluzione semantica».
Per raggiungere questo obbiettivo, basta far cadere le preclusioni alle ideologie rivoluzionarie; che non si parli più di vera e intrinseca contrapposizione con la Dottrina Cristiana, che si inciti alla convivenza nel miscuglio pacifico di ideologie e di religioni: cioè che si pongano allo stesso livello errore e verità.
Con questo, ecco che la rivoluzione è compiuta.
Vediamo con quali idee è stato articolato questo processo politico rivoluzionario dopo la pseudo-Riforma.
L’idea principale èstata quella democratica, innalzata da molti protestanti a ideale religioso.
«Gli iniziatori della democrazia, nel secolo XVII, in Inghilterra, furono gli anabattisti, i protestanti indipendenti e, infine, i quakers. E questo non solo per il fatto di essersi agganciati piuttosto letteralmente alla dottrina del sacerdozio di tutti i credenti, attribuivano grànde importanza, ma anche perché avevano insistito sul principio che le loro congregazioni dovevano autogovernarsi» (A.D. Lindsay «The Church and Democracy»).

Ecco la frase di Lutero che correda questa idea: «Impiegate il vostro potere per sostenere e far trionfare la mia rivolta contro la Chiesa e vi consegnerò l’autorità religiosa».
Quel che aveva rappresentato il potere di Costantino per il Cristianesimo, era, allora, richiesto dai protestanti per la sovversione di molti.
E così, alcuni re e nobili potenti sono stati sedotti a giustificare, con le idee religiose di Lutero, la loro autonomia politica dall’Impero e dal Papato.
Le reazioni furono varie secondo le forze in gioco in quel momento storico, ma, nella lunga storia della Rivoluzione, non ci deve sorprendere apparente contraddizione.
La Rivoluzione, che è antireligiosa nei Paesi cattolici, non lo è nei Paesi protestanti; antimonarchica dove regnano i monarchi cattolici, lascia che regnino in pace i monarchi protestanti, o anche cattolici di nome, ma che siano ostili alla Chiesa e al Papa.
In quali condizioni potrebbero lasciar in pace il Santo Padre, che rappresenta l’autorità, contro la quale essi esistono e si sono formati?
Non ci siano illusioni in proposito; quando la Rivoluzione porta ad applaudire un papa, o è un inganno, o questo è in fase di disarmo, perché non sarà certamente il rivoluzionario Lucifero ad aggiornare il suo disegno distruttivo della Chiesa!
Quindi, prendiamo nota di queste tendenze «riformistiche» del piano divino poiché esse ci faranno capire il «riformismo conciliare».

Fatima, Crocevia del XX secolo richiede una lettura essenziale della storia politico-religiosa dopo il 1917

Abbiamo riepilogato qui, brevemente, la storia umana alla luce dell’opposizione fatta alla Volontà divina, presente nella Legge natuale, che sostiene nel bene la società umana dalla volontà ribelle dell’uomo decaduto, matrice della Rivoluzione che porta all’abisso.
E qui si vedrà che ai precedenti storici della Rivoluzione, sempre più globale e distruttiva, che culminò col dominio dell’ateismo in Russia, corrispondono «segni» precursori di Fatima, il suo Messaggio svela tempi cruciali, ma che alla fine la Chiesa trionferà!
Oggi siamo al post-comunismo.
Esso rimescola i vecchi progetti con un liberal-socialismo massone, inneggiante a un pantheon umanitarista civile e religioso.
I concili delle nazioni e delle religioni con matrice talmudica, socialista, protestante e «liberal-cattolica», sempre opposti alla Roma cattolica, oggi emblematicamente vi aderiscono con tutto un mondo democristiano e conciliare.
L’Occidente ha vissuto un lungo periodo di paura degli «errori sparsi dalla Russia», per cui il comunismo alimentò il voto democristiano e, come si vedrà, la politica conciliare, pronta ad ogni «compromesso storico» e «apertura ecumenica».
Qui il preambolo dell’ecumène umanitarista attuale che fraternizza con l’errore, sì da mettere in secondo piano la Legge divina!
Niente più lontano dal Messaggio di Fatima.
Ecco perché ad esso fu ed è riservato tanto oblio, rifiuto, contestazione, per arrivare alla tappa finale di asservimento ai progetti di «giustizia e pace» per un super-governo mondiale.
La «perestroika», a suo tempo lanciata da Gorbaciov, e promossa anche da Giovanni Paolo II, aveva forse già superato «gli errori sparsi dalla Russia», come predisse la Madonna di Fatima?
Per riconoscere la crisi che viviamo, in mezzo a tante manovre ed inganni, è necessario aver presente la contrapposizione fondamentale della storia tra la stirpe della Donna e i seguaci del «non serviam».
A far cadere la distinzione tra il bene e il male fu la sovversione legale e mentale che la Rivoluzione è riuscita a sviluppare in modo impressionante dal 1917 in poi, nel mondo e nella Chiesa.

Fatima nella storia di questo secolo

In relazione ai precedenti di Fatima la Rivoluzione ha avuto due grandi affermazioni nel XVIII secolo che, da allora, hanno determinato un costante avanzamento rivoluzionario: nel 1717, il consolidamento della Massoneria, con l’apertura ufficiale della sede di Londra; nel 1789, la presa del potere in Francia della rivoluzione, che spodestò la monarchia dei cattolici Borboni.
Come si manifestò la Città di Dio per prevenire ed affrontare questi eventi nefasti per la Civiltà Cristiana e per la Chiesa?
Come furono accolti e si poterono attuare gli aiuti venuti dall’Alto?
Che rapporto esiste tra questi eventi passati e la Profezia di Fatima per il nostro secolo?
Ecco le questioni essenziali per capire gli sviluppi della lotta che determina la storia umana nell’ora presente.
La risposta, nel campo spirituale, é semplice: l’intervento divino si attua suscitando nella Chiesa i Santi, i Dottori e i Martiri di ogni epoca.
Quanto al campo della storia, troviamo una importante indicazione nella comunicazione intima del Signore a suor Lucia di Fatima che ella scrisse al suo vescovo nell’agosto del 1931: «Fa sapere ai miei ministri che siccome essi hanno seguito l’esempio del re di Francia nel ritardare l’esecuzione della mia domanda, lo seguiranno nella disgrazia. Mai sarà tardi per ricorrere a Gesù e Maria!» (FAE pagina 97).
Questo avveniva l’anno dopo che la domanda divina, affinché la Russia fosse consacrata all’immacolato Cuore di Maria dal Papa insieme con tutti i vescovi per ottenere la pace, era stata inoltrata a Pio XI (come fu assicurato alla Veggente).
Ma la domanda continuava a rimanere inascoltata.
Questa terribile comunicazione del Signore che si lamentava dell’omissione della Gerarchia nell’eseguire la Sua domanda, fatta attraverso la pastorella di Fatima, propone ai cattolici un paragone tra alcuni re cristiani del passato, i Borboni di Francia e i papi del nostro tempo.
Entrambe queste Autorità avrebbero dovuto essere esecutrici dei disegni di Cristo-Re, espressi in forma di richiesta tanto semplice quanto necessaria.
Dipendeva dalla fede dei re, come dalle autorità cattoliche, riconoscerla per compierla, preservando i loro sudditi da grandi mali.
Questo collegamento nel campo devozionale é stato ricordato dal cardinale Cerejeira: «Per me, la missione di Fatima nel mondo é simile a quella di Paray-le-Monial. Quello che Paray-le-Monial é stato per la devozione al Sacro Cuore di Gesù, Fatima sarà per la devozione al Cuore Immacolato di Maria».

Il caso del Re di Francia

Si tratta di Luigi XIV della famiglia Borbone che, nel 1689, raggiunti i 50 anni d’età e un enorme potere, ricevette, probabilmente attraverso il suo confessore père La Chaise, la richiesta di consacrare il suo regno al Sacro Cuore; richiesta trasmessa, in una visione nel convento di Paray-le-MoniaI, il 17giugno di quel 1689 alla suora visitandina Santa Margherita Maria Alacoque.
Eccone i termini: «Fa sapere al figlio primogenito del Mio Sacro Cuore che, così come la sua nascita temporale é stata ottenuta per la devozione ai meriti della Mia santa Infanzia, nello stesso modo, egli otterrà la sua nascita nella grazia e nella gloria eterna per la consacrazione che farà di se stesso al Mio adorabile Cuore, che vuole trionfare sul suo e, per mezzo suo, su quelli dei grandi della Terra. Egli vuol regnare nel suo palazzo, essere dipinto nei suoi stendardi e stampato sulle sue armi per farlo vittorioso sui suoi nemici, piegando ai suoi piedi le teste orgogliose e superbe e per farlo trionfare su tutti i nemici della Santa Chiesa».
Si noti, però, che anche nel fare questa richiesta, il Signore, in seguito, rivelò alla Veggente: «Non saranno le potenze umane a far progredire la Devozione al Sacro Cuore, ma questa e il Regno del Sacro Cuore saranno stabiliti per mezzo di persone povere e disprezzate e in mezzo alle contraddizioni, in tal modo che non possa attribuire alcun merito al potere umano».
E infatti Luigi XIV, erede di una tradizionale devozione cattolica pluricentenaria, non considerò la domanda, evitando anche di far sapere che l’aveva ricevuta.
Per il cattolico re di Francia, tale domanda non poteva sembrare tanto strana come lo sarebbe oggi per la mentalità moderna.
Ci interessa dunque rivedere questo pensiero cattolico della Francia di quel tempo perché è ad esso che si riferisce il Signore parlando alla Veggente di Fatima, nel nostro tempo.
Ci dev’essere quindi un punto basilare di Fede cattolica che si andava perdendo allora e che oggi abbiamo bisogno di un aiuto divino per ricordare.
Qual’è?
Ci aiuterà a capirlo un discorso del vescovo Bossuet, proprio per la formazione del Delfino di Francia, che doveva assumere le responsabilità regali, secondo il voto tradizionale dei Borboni.

La devozione Cattolica nel Regno di Francia

La devozione cattolica e mariana della Francia antica cominciò con la conversione del re Clodoveo e si estese a tutto il popolo.
Seguì, poi, nella prima dinastia dei Merovingi e, con notevoli sviluppi del Cristianesimo, nella seconda dinastia.
Re Pipino viaggiava per i suoi territori seguendo l’itinerario delle cappelle, erette nelle visite regali.
Suo figlio, Carlo Magno, fu prodigo nell’erigere chiese ed abbazie; e così continuarono figli di lui.
Vennero poi i Capetingi che proclamarono Maria «Stella del Regno», ed eressero le grandi cattedrali di Parigi, Chartres, Amiens, Reims, Strasburgo, Rouen, ecc., meraviglie della civiltà.
Di San Luigi, re di Francia, non é possibile misurare la devozione e lo zelo per le cose di Dio.
Piuttosto sarebbe il caso di ricordare come Dio premiò i francesi, concedendo loro, per re un Santo.
Purtroppo, dopo di lui ci fu un declino.
Ma anche così, Filippo il Bello e Filippo di Valois stabilirono l’usanza di offrire alla Madonna le armi ed i cavalli con cui vincevano le loro battaglie.
E le regine e le principesse non furono da meno nella riverenza alla regina del Cielo.
Re Giovanni di Valois istituì l’Ordine Mariano dei «Cavalieri della Stella», che digiunavano tutti i sabati in onore di Maria Santissima.
Luigi XI di Valois, durante le udienze solenni, aveva come unico ornamento un’immagine di piombo della Vergine Sovrana a Cui fu sempre devoto.
Luigi XII della casa di Valois-Orleans, in non poche occasioni diede pubblica testimonianza della sua riconoscenza a Dio e alla Santa Vergine.
Anche Francesco I seppe fare un esemplare atto di riparazione pubblica per la mutilazione di una statua mariana in una piazza di Parigi: precedette la sua corte, camminando in testa al corteo di pellegrini, scalzo e con il capo scoperto, in penitenza per il gesto sacrilego di qualche sconosciuto.
Di fronte a questa devozione cattolica e mariana, non deve sorprendere che i protestanti e giansenisti trovassero, più tardi, difficoltà per fare progressi in Francia.
E siamo così arrivati a Luigi XIII, figlio di Enrico IV e Maria de’ Medici. Anche se suo padre era un convertito per ragioni politiche, il re e la regina, Anna d’Austria, erano devoti cattolici.
Per 25 anni non ebbero figli, ma perseverarono nell’invocare l’aiuto della madre di Dio, e nacque loro un figlio che sarebbe divenuto Luigi XIV.
Il re riconobbe pubblicamente che quella nascita era stata ottenuta per intervento della Provvidenza, perciò consacrò solennemente la Francia alla Regina del Cielo e ordinò al suo esercito la recita del Santo Rosario per la conversione dei protestanti.
Nel Decreto della Consacrazione del re e del suo regno alla Santissima Vergine protettrice c’erano ardenti parole e impegni affinché i suoi discendenti continuassero in quella fedeltà.
Come si vede, la consacrazione richiesta a Luigi XIV dal Sacro Cuore non era una cosa strana, ma una fedele continuità della vita cattolica della Francia, figlia primogenita della Chiesa.
E tuttavia Luigi XIV, sia perché mal consigliato dal suo direttore spirituale, sia perché vittima di una crisi di fede, trascurò la Consacrazione al Sacro Cuore che, più di una richiesta, era una offerta preziosa, forse estrema, in rapporto ad eventi rivoluzionari che avevano origine allora.

Esattamente cento anni dopo, il 17 giugno 1789, festa del Sacro Cuore, il «Terzo Stato» spogliava la monarchia borbonica dei suoi poteri.
Il Re Luigi XVI, discendente diretto di Luigi XIV, e perciò custode della richiesta, cercò, quando già prigioniero, di compiere la consacrazione, ma era tardi!
Nella prigione del Tempio furono trovate immagini del Sacro Cuore con la consacrazione della Francia, firmata dalla regina Maria Antonietta e da madame Elisabetta, sorella di Luigi XVI, che compose allora un commovente atto di rassegnazione cristiana.
Ma per il Regno era troppo tardi!
Nel 1793, il Re di Francia fu ghigliottinato, e simile fine ebbe quasi tutta la famiglia reale e gran parte della sua corte.
La Rivoluzione si scatenava contro la civiltà cristiana e i suoi re.
La Misericordia divina aveva voluto preservare la Francia da simile disgrazia, ma non fu ascoltata.
Forse la domanda fu considerata inverosimile.
Tornando ad essa, risulta che anche a pére La Chaise, il gesuita confessore di Luigi XIV, furono promesse benedizioni alla sua Compagnia di Gesù se, portando la domanda al re, si fosse impegnato affinché il re la accogliesse.
Questo non avvenne.
Da allora, i Gesuiti hanno sofferto varie avversità e persecuzioni.
Furono poi espulsi dalla Francia, dal Portogallo, dalla Spagna, dal Regno di Napoli e, più tardi, nel 1773, fu-rono soppressi da Papa Clemente XIV.
Invece, sarebbe stato il gesuita beato Claudio La Coìombière, confessore di Santa Margherita Maria, e i suoi continuatori, come il gesuita Giovanni Croiset, a lottare contro le contraddizioni del tempo per diffondere la devozione al Sacro Cuore di Gesù, come era stato predetto.
E’ edificante segnalare come il culto al Sacro Cuore, nobilissima parte del Corpo Divino e simbolo dell’Amore infinito, era richiesto proprio per affrontare il disamore fomentato dalla rivoluzione razionalista.
E chissà perché questo male, fra tutti gli Ordini religiosi, si é infiltrato, specialmente tra quello dei dotti, organizzati e prestigiosi Gesuiti!
E non accade diversamente nei nostri tempi.
Basterebbe ricordare l’eretico massone gesuita Teilhard de Chardin e i suoi confratelli progressisti, de Lubac, il cardinale Bea e il gesuita Karl Rahner, che condizionarono le riforme del Vaticano Il, e anche il teologo belga Edoardo Dhanis, S.J., il nemico di Fatima.

Le contraddizioni di Luigi XIV

Il Re Sole, per la Chiesa revocò l’Editto di Nantes, che preservava la libertà religiosa dei protestanti, e ordinò delle repressioni contro i giansenisti di Port-Royal, ma evitò la linea politica di Francesco I che proponeva l’unione delle nazioni cristiane contro i turchi invasori.
In ciò, egli perfino trascurò le lezioni del cardinale Mazzarino, suo tutore, che, anche se descritto come uomo senza scrupoli, non esitò ad inviare truppe a Creta, nel 1660, per aiutare i cristiani veneziani contro i turchi, e, nel suo testamento al re, gli raccomandò di «difendere sempre la Chiesa da figlio maggiore!».
Ma il figlio dei devoti Luigi XIII e Anna D’Austria scelse una fastosa vita di corte, che richiamava un rinnovato Olimpo pagano.
In essa, la pietà era ignorata e la modestia e la sobrietà erano derise insieme alle leggi della Chiesa.
Il re era divenuto un libertino.
L’amore di Patria, però, e la dignità regale salvarono Luigi XIV dai peggiori pantani morali.
E il carattere forte di questo re servì ad accrescere di continuo il suo potere, di modo che, nel 1689, contava su un esercito di 300 mila uomini e poteva sfidare l’inghilterra nella supremazia navale.
«Nessun principe cristiano aveva riunito tali forze. Solo i re di Persia c’erano riusciti. Tutto è nuovo, tutto é meraviglioso!», scriveva allora madame de Sevigné.
Di fronte a tale potere, Louvois diceva al re: «Sire, se mai c’é stato un motto adeguato, eccolo ora per Vostra Maestà: Solo contro tutti!».
Ma a che fine era usata questa forza?
Quando l’Europa cristiana fu vittima, nel 1683, di una potente aggressione dell’Islam, sotto il gran-vizir turco Kara-Mustafà, che avanzava su Vienna con 200 mila uomini, l’Imperatore Apostolico Leopoldo si appellò agli Stati cristiani.
Essi si mobilitarono, specialmente sollecitati dai nunzi del Papa beato Innocenzo XI.
Tra i capi che accolsero l’appello ci furono il re di Polonia, Giovanni Sobieski, e Carlo di Lorena.
Luigi XIV, però, accecato da una politica di egemonia nazionale, e sperando che Vienna cadesse, come gli conveniva, concordò la sua neutralità col governo del sultano.
La vittoria però fu dei capi cattolici, e Sobieski in seguito ringraziò il Papa con il messaggio: «Venimus, vidimus, Deus vicit!».
Era la parafrase cristiana del vincitore Giulio Cesare.
Ecco a cosa serviva un potere fedele al Signore.
Luigi XIV in quei giorni non respirò aria di vittoria, ma di tristezza.
Gli morì la regina Maria Teresa, nel fiore della sua giovinezza; morì il suo fedele ministrò Colbert, e la predominanza francese declinava nella politica europea.
Tuttavia, a questo re sarebbe stata concessa ancora una grande opportunità, nel 1689, se avesse riconosciuto la richiesta di consacrarsi, col suo regno potente, a Chi era l’origine di ogni potere.
Avrebbe potuto così ottenere le vere vittorie e il vero progresso del suo popolo e dell’Europa Cristiana.
Non era richiesto del resto niente di nuovo.
Sarebbe bastato che si continuasse nella via del perfezionamento - malgrado i difetti umani! - dell’insuperabile civiltà cristiana occidentale.
Luigi XIV ebbe l’occasione di far rivivere un secolo d’oro.
Era il monarca assoluto di una nazione ricca di terre e di uomini, e visse in circostanze storiche in cui fu arbitro di grandi questioni.
A Roma c’era un Santo Papa, Innocenzo XI, la cui saggezza e santità splendeva in alto nel secolo, dopo San Pio V, e prima di San Pio X.
Luigi XIV fu un re che ebbe il dono straordinario di una richiesta del Sacro Cuore di Gesù, che, più di una richiesta, era una offerta senza pari.
Ma non l’accolse!

Nel 1708-1709, la Francia fu desolata da un calamitoso inverno che portò più fame e morte che tutte quelle guerre.
Perfino le rive dei mari, sul versante atlantico, gelarono.
Le bestie morivano e l’intero raccolto andò perduto.
A Parigi, il popolo si sollevava, e una folla marciò su Versailles chiedendo pane e pace.
Anche nella sontuosa reggia, gli anziani morivano di freddo, perfino a letto.
Ma le guerre continuarono.
Per sostenerle, il re doveva far fondere oggetti e piatti d’oro.
Ora, tali disgrazie, accresciute da nuove invasioni, apparirono a tutti come castighi celesti.
E, per il popolo sofferente, la causa andava ricercata nel re, figura petrea e distante, il cui fasto rimase come una sfida alla generale miseria.
Anche se non accettava di economizzare per le opere di religione e per il completamento della nuova cappella reale, non sembrava un monarca cristiano, ma piuttosto il faraone di Versailles!
E tutto ciò serviva come fermento di una silenziosa rivoluzione; come innesco per una grande crisi di coscienza francese ed europea.
Alla fine della sua vita, Luigi XIV si vide isolato, anche in famiglia.
Nel 1711, morì il «Grand Dauphin»; nel 1712, morirono, a pochi giorni di distanza, la duchessa e il duca di Borgogna.
Dopo poche settimane, morì anche il duca di Bretagna, fratello maggiore del futuro Luigi XV.
Una generazione intermedia spariva, facendo scrivere a madame de Maintenon, con la quale il re si era sposato segretamente: «Qui, manca la vita! Tutto sa di morte».
E i rimanenti della corte si trasferivano alla ricerca di divertimenti a Parigi.
Agli inizi di agosto del 1715, Luigi XIV lamentò forti dolori alle gambe.
I medici diagnosticarono una nevralgia, ma era cancrena.
I cortigiani furono tenuti lontani anche dai pasti di Luigi XIV, che si trascinava dolorante nei suoi grandi appartamenti.
Alla vigilia della sua morte, il re fece chiamare il suo bisnipote, il bimbo che sarebbe divenuto il suo successore, per dirgli: «Figlio mio, la tua fortuna dipenderà dalla tua sottomissione a Dio. Ti prego di non imitarmi nell’amore alla guerra, ma aiuta, quanto ti sarà possibile, il tuo popolo, facendo quello che io non ho potuto fare!».
Alla fine del mese, i medici avevano perso ogni speranza e, intorno al letto reale, si pregava per il moribondo, che pregava a voce ancora più alta dei sacerdoti.
All’improvviso, esclamò: «Aiutami, Signore!... Dammi il tuo aiuto!».
Furono le ultime parole di Luigi XIV.
Il 1° settembre 1715 moriva il Re Sole, melanconica delusione di un secolo che avrebbe potuto essere «fecondo e favorevole al re in tutti i campi, al punto di essere paragonato al secolo di Augusto».
Cosi scriveva Saint Simon.

Qualcosa, però, era mancato, facendo predominare l’aridità sull’amore e la spinta dell’odio.
Fu così che il feretro reale passò in mezzo ad un popolo inferocito che lo insultava, vociferante ed ubriaco come mai prima si era visto!
La gloria del mondo era passata, fugace e inutile, perché il re non aveva servito dovutamente alla gloria di Chi aveva detto: «Chi non raccoglie con Me, disperde!».
E già in quel 1715 si levava un altro potere.
Sul declino di quel regno, una nuova cultura di dominio, rivoluzionaria, contraria ai diritti divini, si ergeva all’insegna della ribellione sociale.
In quello stesso secolo, dalle idee di Voltaire sarebbe sorta l’utopistica, implacabile, anticristiana repubblicà del terrore e della dea Ragione!
La Provvidenza divina era intervenuta con un segno, tanto soave come preciso, nell’inizio di quella crisi umana che avrebbe precipitato l’umanità in un abisso di pianto e di morte.
Ma quel segno non fu riconosciuto da chi di dovere ed ecco che il rifiuto si ripete nei nostri giorni, in modo ancora più grave a Fatima.
Ma seguiamo il corso di questa interminabile crisi.

La Crisi della Coscienza Europea

Si è visto come la rivoluzione protestante, iniziata nel 1517, abbia generato e promosso, a sua volta, altri processi rivoluzionari, civili e religiosi.
«La crisi della coscienza europea», cioè la convergenza di più o meno tutte le idee che insieme avrebbero portato alla rivoluzione francese, è stata situata, dallo storico Paul Hazard, alla fine del regno di Luigi XIV, tra il 1680 e il 1715.
Ecco il preambolo del suo libro: «La crise de la conscience européenne» (Parigi, 1934): «Quale contrasto! Quale brusca evoluzione! La gerarchia, la disciplina, l’ordine garantito dall’autorità, i dogmi che regolano la vita con fermezza: ecco quel che gli uomini del secolo XVII amavano. Soggezione, autorità, dogmi: ecco quel che detestano gli uomini del secolo XVIII, loro immediati successori! I primi, sono cristiani, e gli altri anti-cristiani; i primi, credono nel diritto divino, e gli altri nel diritto naturale (degli uomini): i primi, vivono a loro agio in una società che si divide in classi disuguali, i secondi sognano soltanto l’uguaglianza (...). La maggioranza dei francesi pensava come Bossuet; d’un tratto, i francesi pensano come Voltaire: è una rivoluzione! Per sapere come questa avvenne, ci imboschiamo in un campo mal conosciuto. In passato, si studiava molto il secolo XVII; oggi, si studia molto il secolo XVIII. Alle loro frontiere si estende una zona incerta, impervia, dove ci si può scontrare ancora con scoperte e avventure. Percorriamola scegliendo, per delimitarla, due date non rigorose: da una parte, attorno al 1680, dall’altra, il 1715. Ci si presenta lo Spinoza, la cui influenza cominciava allora a farsi sentire; e con lui, Malebranche, Fontenelle, Locke, Leibniz, Bossuet, Fénelon, Bayle; solo per menzionare i più grandi, e senza parlare dell’ombra di Cartesio. Questi eroi dello spirito, ognuno secondo il proprio carattere e genio, erano occupati a riprendere, come se fossero nuovi, i problemi che sollecitano eternamente l’uomo: quello dell’esistenza e della natura di Dio, quello dell’essere e delle apparenze, quello del bene e del male, quello della libertà e della fatalità, quello dei diritti del sovrano o della formazione dello stato sociale. Tutti problemi vitali. In che cosa si deve credere? Come si deve agire? E affiorava sempre questa domanda, che si pensava già definitivamente regolata: ‘Quid est veritas?’. Apparentemente, si prolungava il Grande Secolo con la sua sovrana maestà... Si trattava di sapere se si doveva credere o no; se si doveva ubbidire alla tradizione o ribellarsi contro di essa; se l’umanità avrebbe potuto continuare la sua via confidando nelle stesse guide, o se alcuni nuovi capi l’a-vrebbero fatta cambiare per condurla a nuove terre promesse. I nazionali e i religionari, come dice Pierre Bayle, disputavano tra loro le anime, e si confrontavano in una lotta che aveva per testimone l’Europa pensante. Gli assalitori, poco a poco, hanno avuto la meglio. L’eresia già non si isolava nè si nascondeva; guadagnava discepoli, si faceva insolente e presuntuosa. La negazione già non si mascherava; si esibiva. La ragione già non era una sapienza equilibrata, ma una critica audace. Le nozioni più comunemente accette, quella del consenso universale che dimostrava Dio, quella dei miracoli, erano poste in dubbio. Si rimandava il divino a cieli sconosciuti e impenetrabili; l’uomo, solo l’uomo, rimaneva come misura di tutte le cose... Era necessario, si pensava, distruggere l’edificio antico che aveva riparato male la famiglia umana, e la prima fatica doveva essere la demolizione. La seconda sarebbe stata di preparare le fondamenta per la ricostruzione della città futura..., la costituzione di una filosofia che rinunciasse ai sogni metafisici..., di una politica senza diritto divino, di una religione senza mistero, di una morale senza dogmi. Era necessario forzare la scienza a smettere di essere un semplice gioco dello spirito per divenire decisamente un potere capace di dominare la natura. Tramite la scienza si sarebbe conquistata una felicirà senza equivoci. Riconquistando così il mondo, l’uomo lo avrebbe organizzato per il suo benessere, per la sua gloria e felicità future. In queste righe si riconosce, senza difficoltà, lo spirito del secolo XVIII. Abbiamo voluto precisamente dimostrare che i suoi ca-ratteri essenziali si erano messi in vista molto prima di quanto si giudicano; che questo spirito si trovava interamente formato nell’epoca in cui Luigi XIV era ancora tutto risplendente; che i suoi caratteri erano già espressi, circa nel 1680, con quasi tutte le idee che sono apparse rivoluzionarie attorno al 1760 e fino al 1789. E’ avvenuta allora una crisi della coscienza europea, tra il Rinascimento, da cui procede direttamente, e la Rivoluzione Francese, che prepara. Non ve n’è altra più importante nella storia delle idee. A una civiltà fondata sull’idea del dovere - doveri verso Dio, doveri verso il Principe - i nuovi filosofi hanno cercato di sovrapporre una civiltà fondata sull’idea del diritto; diritti della coscienza individuale, diritti della critica, diritti della ragione, diritti dell’uomo e del cittadino».

Il Trionfo dell’Enciclopedismo Massone

L’Enciclopedismo fu un’idea agitata inizialmente, in ambienti massonici dall’inglese Ramsay.
Esso divenne strumento straordinario per diffondere le idee razionalistiche e illuministiche con «L’Enciclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers», dal 1751, sotto la direzione di D’Alembert e di Diderot e con la collaborazione di Rousseau, Voltaire, Condorcet [capo del «partito filosofico», pianificatore dell’istruzione pubblica e ideologo del progresso infinito dell’umanità, si avvelenò nella prigione rivoluzionaria]; ed inoltreBuffon (naturalista precursore delle teorie dell’evoluzione); Montesquieu [aristocratico riformatore, autore di «Lo Spirito delle Leggi», pubblicato anonimo a Ginevra, libro condannato dalla Sorbona e messo all’Indice nel 1751, liberale, fautore della separazione dei poteri]; Turgot (Segretario di Stato, innovatore e liberale); D’Holbach (barone che ospitava i «maître à penser» rivoluzionari, per cui fu chiamato dall’abate Galiani «maitre d’hotel de la philosophie», e che scrisse a sua volta opere tanto dilettantistiche che estremiste quale un «Sistema della Natura» (1770), definito «Bibbia del materialismo ateo», che suscitò critiche perfino da parte di Voltaire); Quesnay (Medico di Luigi XV e studioso di economia), ma anche di ecclesiastici di buona dottrina, come Nicolas Bergier, che così prestavano rispetta-bilità all’opera, per influenzare la cultura dell’epoca.

Tutto questo movimento sovversivo si sviluppò con grande foga dopo la morte del Re Sole, nel 1715, e non c’è storico obbiettivo che neghi l’azione delle società segrete, che allora spuntavano da ogni dove, nell’assalto all’ordine cristiano.
La connivenza tra gli ugonotti, i giansenisti e i filosofi rifugiati in Olanda, dava i suoi frutti.
Il Gallicanesimo, a sua volta, non tardava a rinforzare la congiura e a svolgere un ruolo tanto decisivo quanto più si poggiava sull’odioso equivoco dell’autorità religiosa nazionale.
In pochi anni, le sètte e le società anticristiane si sarebbero diffuse per occupare ogni posto.
Introdotta in Francia, in modo semiufficiale, sin dal 1721, con l’istituzione, a Dunquerque, il 13 ottobre, della Loggia «Amicizia e Fraternità», la franco-massoneria si sarebbe sviluppata con grande impeto.
Voltaire fu ricevuto tra i massoni in occasione del suo primo viaggio in Inghilterra (1725-1728) e, di ritorno a Parigi, non fece segreto del suo progetto di annientare il Cristianesimo («écraser l’infâme!»).
Per questo fine si servì dell’Enciclopedia, insieme ad altri cospiratori, che fecero di quest’opera un deposito di errori, sofismi e calunie inventate contro la religione.
Era, però, convenuto che il veleno andava somministrato su scala internazionale e perfino molto in alto, in modo insensibile.
Infatti, Voltaire si era incaricato dei ministri, dei principi e dei Re.
Quando non poteva avvicinarsi al trono, lo faceva attraverso altri.
Per esempio, riuscì a farlo, con Luigi XV, attraverso il medico Quesnay che, per le sue digressioni ideologiche, fu chiamato dal Re «il suo pensatore».
La Chiesa, già dal 1738, per bocca del Papa Clemente XII, aveva avvertito, smascherato e condannato, per la prima volta, la cospirazione massonica.
Questa condanna fu confermata nel 1751 da Benedetto XIV; e così è continuato fino a tempi recenti.
Ma se il Papato ha saputo denunciare il pericolo e condannare quelle società segrete, i prìncipi hanno preferito lasciar correre, perfino con simpatia e, spesso, con complicità.

Quale terribile ironia affiora da certi documenti, come da questa lettera di Maria Antonietta a sua sorella, la regina Maria Cristina (26 febbraio1781): «Penso che vi preoccupiate troppo della Massoneria. Qui, tutti ci appartengono... Di recente, la principessa Lambaile è stata nominata gran-maestra di una Loggia e mi ha raccontato tutte le belle cose che vi sono state dette».
Difatti, a cominciare dal cugino del re, il futuro regicida Filippo «Egalité» - che sarebbe stato a suo turno ghigliottinato! – dall’alto si dedicavano a «massonizzare» l’esercito e, soprattutto, le «guardie francesi».
Ebbene, si sa che la rivoluzione fu solo possibile grazie alla rapida dissoluzione delle forze reali...
Ma quel che succedeva in Francia si ripeteva in tutta l’Europa.
Influenti, a Versailles e a Parigi, i giansenisti e gli enciclopedisti si univano ed esercitavano la loro influenza anche a Vienna.
L’esempio di Giuseppe II, imperatore d’Austria, era contagioso.
La Rivoluzione, che i sofisti spingevano a fatica, fu accelerata sia dai re che dai suoi ministri.
Come il marchese di Pombal, in Portogallo, c’erano anticlericali in quasi tutte le corti europee.
Nel 1789 più della metà dei deputati francesi erano massoni.
Ecco perché il padre Barnel ha scritto: «Nella Rivoluzione francese, tutto, incluso i delitti più spaventosi, tutto è stato previsto, meditato, combinato, risolto, stabilito!».
Luigi XVI, al suo ritorno da Varennes, aveva confessato: «Perché non ho creduto undici anni fa? Tutto quanto vedo ora mi era stato annunciato!».
E così la morte di questo monarca avvenne, senz’altro, come era stata decisa dalla sètta, ancora prima della rivoluzione.
Joseph de Maistre ha scritto: «Malgrado sempre ci siano stati empi, mai si era verificato, prima del XVI secolo e nel seno della Cristianità, una insurrezione contro Dio; soprattutto mai si era vista una congiura sacrilega di tutti i talenti contro il suo Autore; ebbene, fu a questo che allora presenziammo!».
In verità pure lui si era fatto massone.
Nel 1917, alla vigilia dell’altra somma insurrezione, quella comunista, il Papa Benedetto XV diceva: «Dopo
i primi tre secoli dalle origini della Chiesa, nel corso de quali il sangue dei cristiani fecondò l’intera terra, si può dire che mai la Chiesa ha corso un pericolo come quello che si manifestò alla fine del XVIII secolo. Fu allora infatti, che una filosofia in delirio, prolungamento dell’eresia e dell’apostasia dei novatori, acquistò sugli spiriti una potenza universale di sedizione e provocò uno sconvolgimento totale con il proposito determinato di rovinare i fondamenti cristiani della società, non solo in Francia, ma a poco a poco in tutte le nazioni. Così, rigettata pubblicamente l’autorità della Chiesa, poiché si è cessato di tenere la religione come custode e salvaguardia del diritto e del dovere e dell’ordine nella società si insegna che il potere ha origine dal popolo, non da Dio; che tutti gli uomini soni uguali per natura e come per diritto, che a ciascuno è lecito ciò che gli piace, se non è espressamente proibito dalla legge, che nulla ha forza di legge se non è comandato dalla moltitudine e, ciò che è più grave che si può pensare e pubblicare, in fatto di religione, tutto ciò che si vuole, sotto pretesto che ciò non reca danno a nessuno. Tali sono gli elementi che, a maniera di principii, sono da questo momento alla base della teoria degli Stati
».
Difatti, la Rivoluzione che stava per scoppiare in Russia, durante il suo Pontificato avrebbe superato di molto tutto quello chi Benedetto XV descriveva come fatti del passato, e - diciamolo chiaramente - aveva pervaso il mondo ecclesiale di allora e, in quello post-conciliare, avrebbe colpito fino al vertice della Chiesa!

I Segni divini e le rivoluzioni in Francia

Nel secolo XVII, di fronte alle minacce per la Chiesa di tanti e così gravi pericoli che sono purtroppo divenuti una realtà rivoluzionaria nel secolo XVIII, come si è visto, non avrebbe la Provvidenza Divina soccorso gli uomini con segni soprannaturali?
Così è stato e, per limitarci alla Francia, figlia primogenita della Chiesa, ciò è accaduto in modo chiaro nel campo spirituale attraverso l’ardente apostolato dei Santi, tra cui primeggia quello di San Luigi Maria Grignion de Montfort, predicatore della devozione a Maria come ricorso per vincere i mali che sorgevano con l’avanzata della nuova mentalità.
Ma il segno straordinario che riguardava il campo del potere temporale, quello che avrebbe potuto arginare il potere rivoluzionario, si è manifestato attraverso la richiesta del Sacro Cuore di Gesù al re di Francia, Luigi XIV.
Il Re Sole era allora il più potente dei re europei e regnava con poteri assoluti.
Per capire il vero significato di una simile richiesta e di un simile potere, legato alla Cattolicità, vediamo come sarebbe avvenuta la cerimonia di consacrazione del re di Francia.
L’unzione della stirpe di Clodoveo, re cristianissimo, «Novus Costantinus», la cui discendenza sarebbe dovuta essere di luogotenenti del Re dei Cieli, secondo le parole di Santa Giovanna d’Arco, era il simbolo pubblico e solenne dell’origine sacra del potere temporale, conforme alla dottrina della Chiesa.
Essa era preceduta da una dissertazione sui motivi e sulle origini religiose di questa istituzione che rimontava al secolo VIII.
La sua continuità storica era stata codificata con la promessa di abbattere i nemici della Religione; i ribelli e gli eretici condannati dalla Chiesa.
Si capisce quindi perché in congiunture molto critiche, specialmente se oscure ai governanti, il potere temporale cattolico sarebbe stato sostenuto dal Cielo.
Così è avvenuto con la richiesta del Sacro Cuore, nel 1689.
Ma una cecità spirituale ha fatto si che il re la disattendesse, e, esattamente 100 anni dopo, la sua dinastia sarebbe stata spodestata dal Terzo Stato rivoluzionario, in una tale coincidenza di date ed eventi da lasciare perplessi quelli che dubitano dell’intervento divino nella storia degli uomini.
I re di Francia ne erano comunque ben coscienti della richiesta del Sacro Cuore.
Tanto è così che la Sua formula, così come la sacra formula di unzione regale sono state ancora balbettate da Luigi XVI, fino alla sua esecuzione.

La Francia tra la Consacrazione al Sacro Cuore e la Rivoluzione

La richiesta di consacrazione dell’augusta persona del re e del suo esercito fu ricordata anche a Luigi XV, nel 1744, dalla Superiora del Monastero di Paray-le-Monial (FPM. pagina 223).
Non era perciò limitata al solo Luigi XIV.
Durante e dopo la rivoluzione del 1789, grande numero di vittime e di controrivoluzionari, specialmente nella Vandea cattolica, usavano l’immagine del Sacro Cuore con la Croce.
Vediamo ora brevemente il corso della Rivoluzione in Francia e nel mondo alla luce degli aiuti divini dati per neutralizzare la sua virulenza nei momenti più cruciali.
Il crescendo del terrore che seguì la rivoluzione violenta produsse il caos civile che, per ordine di cose, doveva far cadere il potere nelle mani di un grande dittatore.
Fu l’ora di Napoleone I.

L’impero rivoluzionario di Napoleone

Napoleone I, anche se incoronatosi pomposamente imperatore, diffuse, a ferro e fuoco, nel mondo, gli «ideali rivoluzionari».
Egli ripetè, a sazietà, di essere il difensore delle idee del 1789, così come Gorbaciov ripetè di essere il difensore delle idee di Lenin.
E tuttavia, ieri come oggi, si vuole credere che questi personaggi siano stati più pompieri che incendiari della Rivoluzione.
Bonaparte inoltre si autoproclamava il «messia» della Rivoluzione: «Ho consacrato la Rivoluzione iniettandola nelle Leggi».
Vediamo allora quale sia l’impronta di questa Rivoluzione in uno scritto del vescovo di Anjers (monsignor Freppel): «Leggete la ‘Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo’, sia quella del 1789, sia quella del 1793; vedete qual’è l’idea che allora si è formata dei pubblici poteri, della famiglia, del matrimonio, dell’insegnamento, della giustizia e della legge; quando si leggono tutti questi documenti, quando si vedono tutte queste nuove istituzioni, si direbbe che, per questa nazione, cristiana da quattordici secoli, il cristianesimo non sia mai esistito e non vi sia luogo per tenerlo in conto... Si trattava del Regno sociale di Gesù Cristo da distruggere, cancellandolo fino al più piccolo vestigio. La ‘Rivoluzione’ è la società scristianizzata; è Cristo ripudiato fino al fondo della coscienza individuale, cacciato da tutto quanto sia pubblico, da tutto quanto sia sociale; cacciato dallo Stato, che non cerca più nella Sua autorità la consacrazione della propria; cacciato dalle leggi, di cui la Sua legge non è più sovrana; cacciato dalla famiglia, costituitasi all’infuori della Sua benedizione; cacciato dalla scuola, dove il Suo insegnamento non è più l’anima dell’educazione; cacciato dalla scienza, dove non ottiene omaggio migliore che quello di una sorta di neutralità non meno ingiuriosa che la negazione; cacciato da ogni parte, tranne che da un recesso dell’anima, dove si consente di lasciargli un rimasuglio di dimora».
Questa era la vera intenzione rivoluzionaria.
Perciò, viene da chiederci per quale ragione avrebbe Napoleone ristabilito il culto cattolico in Francia.
Perché ha fatto un concordato col Papa Pio VII e perché lo ha invitato alla sua incoronazione?
La cosa si chiarisce nel suo Memoriale di Sant’ Elena: «Quando ristabilirò gli altari, quando proteggerò i ministri della religione, come essi meritano di essere trattati in tutto il Paese, il Papa farà quel che io gli domanderò; calmerà gli animi, adunandoli nella sua mano e ponendoli nella mia. Inoltre, il Cattolicesimo mi conserverà il Papa con la sua influenza e le mie forze in Italia; non smetterò di ottenere, presto o tardi, in un modo o nell’altro, il dominio sulle direttive e sulla influenza di questo Papa che è una leva per guidare l’opinione nel mondo».
«Infatti - scrive monsignor Delassus - ovunque Napoleone ha portato i suoi eserciti, faceva quel che aveva fatto in Francia, stabilendo l’uguaglianza tra i culti, cacciando religiosi, imponendo la spartizione forzata, vendendo i beni ecclesiastici, abolendo le corporazioni, distruggendo le libertà locali, rovesciando le dinastie nazionali; in una parola, distruggendo l’antico ordine e dandosi da fare per sostituire la civiltà cristiana con una civiltà il cui principio e fondamento sarebbero stati i dogmi rivoluzionari».
Certo, uno di questi dogmi è la «libertà di religione».
Esso era parte anche della legge sovietica di Stalin come di quella di Gorbaciov.
In questo senso, oggi, il lavoro è fatto; manca solo la conciliazione su un umanitarismo accettabile sia dai neo-socialisti che dai neo-cristiani.

La Falsa Restaurazione

Gli errori di Napoleone in pochi anni rinforzarono la restaurazione dell’ordine sociale precedente.
Dopo la caduta di Napoleone, i rivoluzionari non poterono impedire il ritorno di un re cattolico nella persona di Luigi XVIII, Borbone, fratello di Luigi XVI e poi di Carlo X.
Con i Borboni si tornava timidamente alla civiltà cattolica e all’opera di cristianizzazione secondo lo spirito missionario.
Ma il mondo era già minato a fondo dallo spirito rivoluzionario, che riuscì a piazzare intorno al sovrano un certo numero di uomini che poco o niente avevano a che fare con la restaurazione dell’ordine cristiano.
Si trattava di alcuni prelati e preti che avevano abbandonato il proprio ministero sotto la rivoluzione: Talleyrand, de Pradt, Louis, de Montesquieu.
E’ stato a questi quattro ecclesiastici che Luigi XVIII ha affidato il governo della prima Restaurazione.
Nel secondo governo della Restaurazione c’era addirittura il regicida Fouché.
Con la polizia dominata da lui, la Massoneria poté riorganizzarsi liberamente.
E così la Restaurazione favori in apparenza il Cattolicesimo, ma in realtà un certo parlamentarismo massonico, in modo che «la Costituzione del 1814 uscì dalle stesse viscere della Rivoluzione», come avrebbe detto Thieres nel 1873.
Il Papa Pio VII, con la lettera apostolica «Post tam diuturnas» del 29 aprile 1814, a monsignor de Boulogne, vescovo di Troyes, manifestava al re di Francia il suo dolore e i pericoli della nuova Costituzione rivoluzionaria, dove «la religione cattolica è passata sotto silenzio, e dove non si è neppure fatta menzione dell’Onnipotente Iddio per il quale i re governano e i princìpi comandano. La religione, professata dalla maggioranza del popolo francese, e difesa sempre con tanto zelo dalla stessa stirpe cui appartiene il re designato, non solo non è stata dichiarata l’unica in tutta la Francia ad aver diritto dell’appoggio delle leggi e dell’autorità del governo, ma è stata assolutamente omessa nell’atto del ristabilimento della monarchia!».
Inoltre, il Papa scriveva che la religione cattolica in Francia era ferita dalla Costituzione per cui «si permette la libertà di culto e di coscienza...; per ciò stesso si confonde la verità con l’errore, e si pone al pari delle sètte, eretiche, e anche della perfidia giudaica, la Sposa santa e immacolata di Cristo, la Chiesa,  fuori della quale non vi è salvezza. Inoltre, promettendo favore e appoggio alle sètte eretiche e ai loro ministri, si tollerano e favoriscono non solo le persone, ma anche i loro errori. E implicitamente la disastrosa e deploratissima eresia che Sant’Agostino ricorda con queste parole: ‘Afferma che tutti gli eretici sono nella buona via e dicono il vero, assurdità tanto mostruosa che io non posso credere che qualche sètta la professi realmente’. Quanto alla libertà di stampa: è stata la principale causa, dapprima, della depravazione dei costumi dei popoli, poi, della corruzione e sconvolgimento della Fede e, infine, del sorgere delle sedizioni, disordini e rivolte».
Insomma: «Sotto l’uguale protezione di tutti i culti, si nasconde la più pericolosa persecuzione, la più astuta che sia possibile immaginare contro la Chiesa di Gesù Cristo, e, purtroppo, la meglio attrezzata per lanciarvi la confusione e anche distruggerla, se fosse possibile, con il prevalere delle forze dell’inferno contro la Chiesa».

Nel 1818, il cardinale Consalvi scriveva al principe di Metternich-Winneburg dell’Austria: «Penso che la rivoluzione abbia cambiato soltanto marcia e tattica. Già non attacca a mano armata troni e altari: si limita a minarli...».
Ma gli avvisi di Roma a niente servirono ai monarchi di allora!
Luigi XVIII era lontano dall’essere un cattolico di tempra.
Aveva rifiutato di affrontare il terrore rivoluzionario, assumendo il potere nella Vandea cattolica.
Suo fratello e successore, Carlo X, consacrato nel 1825, già non sarebbe stato unto, come i suoi predecessori, con l’olio portato da una colomba a San Remigio per consacrare Clodoveo.
Quest’olio celeste, contenuto nella santa ampolla, era conservato nella cattedrale di Reims, per assicurare la continuità dinastica secondo la Tradizione.
Tale è l’importanza attribuita a questa unzione che si crede tuttora che parte dell’olio sia stato estratto prima che l’ampolla fosse spezzata dai capi della Rivoluzione nel 1793.
Ma Carlo X aveva ormai abolito la formula di consacrazione reale, e gli eventi rivoluzionari hanno spazzato via quanto era rimasto del suo potere tradizionale.
Per generazioni, lo scopo massonico dichiarato sarà quello di Voltaire e della Rivoluzione: «l’annientamento per sempre del Cattolicesimo e della stessa idea cristiana» («écrasez l’infame!»).
Carlo X, sebbene devoto, non aveva una formazione cattolica abbastanza solida per affrontare tante insidie, e finì per soccombere.
Ma gli aiuti divini non cessarono di anticipare gli eventi rivoluzionari.

Nel 1830, la Madonna apparve alla giovane religiosa Caterina Labouré, nella cappella della «Rue du Bac», delle Figlie della Carità, a Parigi.
Nella notte tra il 18 e il 19 luglio, la giovane, che divenne Santa conoscendo quasi niente del mondo e della sua politica, ascoltò la Madonna che, con gli occhi pieni di lacrime, profetizzava le grandi disgrazie che stavano per abbattersi sul mondo.
Era la Vergine Immacolata che in seguito le affidò la missione di propagare la «Medaglia Miracolosa» per aiutare la Cristianità.
«O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi!».
Questa è la preghiera data il 27 novembre 1830 con l’immagine dell’Immacolata che passò a servire di scudo ai fedeli.
Grazie all’intervento miracoloso della Medaglia, che suscitò preghiera, devozione, conversioni e cure, la gerarchia e il clero cattolici, anche se decimati e infiltrati da traditori, poterono resistere alla Rivoluzione.
La Medaglia rappresentava, nel verso, i Sacri Cuori di Gesù e di Maria.
Con essi la carità spirituale affrontava l’odio dilagante dei nemici della Religione cattolica.
Chi erano?
Il Santo sacerdote Massimiliano Maria Kolbe lo ha confermato per i nostri tempi fondando la Milizia dell’Immacolata sulla Medaglia, a cui aggiunse: »E per quanti a Voi non ricorrono, e in special modo per i massoni e per quelli che vi sono raccomandati!».

Il 30 luglio 1830, con un colpo di Stato, era portato al potere Luigi Filippo di Orleans, figlio del gran maestro massone, il regicida Filippo Egalité che, alleato dei rivoluzionari, aveva votato la condanna a morte di Luigi XVI e, a sua volta, venne ghigliottinato dalla rivoluzione.
Sembrava che rimanesse in piedi la monarchia e la stessa dinastia dei Borbone, anche se di un altro ramo, ma in verità prendevano il potere, non soltanto un re scettico e borghese, come fu riconosciuto Luigi Filippo, ma le forze contrarie alla Chiesa di Cristo.
Non era più la rivoluzione aperta e frontale che sembrava mortalmente ferita nella sua virulenza, ma un subdolo e demolitore potere segreto che minava alle basi la Civiltà Cristiana occidentale sotto le apparenze monarchiche e anche di rispetto per una nuova libertà religiosa.
Era il ritorno della rivoluzione in forma monarchica.
Dall’inizio, Luigi Filippo fu assecondato dai pontefici della Massoneria: Decares, La Fayette, Talleyrand, Teste, ecc., per cui il suo governo favorì il clima di indifferenza e liberalismo religioso, di inter-confessionalismo e di influenza del giudaismo messo alla pari delle confessioni cristiane.
Fu così che, mentre in Francia il trono si riconciliava con le forze rivoluzionarie, in tutta l’Europa, queste agivano liberamente intensificando la guerra contro la Chiesa, come si vedrà in Spagna e in Portogallo, ma specialmente a Roma, dove il Papa fu praticamente ricattato ad accettare un progetto di amnistia permanente per i rivoluzionari degli Stati Pontifici.
Nel 1832, il governo orleanista arrivò al punto di minacciare militarmente il Papato con la presa di Ancona; ma nemmeno così riuscì a scuotere la ferma prudenza di Gregorio XVI.
Un segno divino si manifestò allora a Roma: Il 20 gennaio 1842, nella Chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, l’ebreo e libero pensatore Alfonso Ratisbone vide, illuminata, la stessa immagine dell’Immacolata della Medaglia Miracolosa che portava a malincuore in seguito a una sfida di un amico cattolico.
Lo invitava a cambiare vita!
E infatti, il neo-convertito divenne, col fratello, fondatore dell’opera di «Nostra Signora di Sion», per la conversione degli ebrei nel mondo.
Ma gli aiuti straordinari continuarono in Francia, centro rivoluzionario.

Alla vigilia della pubblicazione del noto «Manifesto» marxista e della 1a Internazionale, matrici delle rivoluzioni del 1848, in Europa, che avrebbero continuato a spargere nel mondo gli errori della Rivoluzione Francese, la Madonna veniva ad avvertire del pericolo e chiamare i Suoi figli a raccolta.
Il 19 settembre 1846, nella desolata montagna di La Salette, nel sud della Francia, la Madonna apparve a due pastorelli, Melanie Calvat (15 anni) e Maximin Giraud (11 anni), piangendo con la testa tra le mani, annunciando imminenti disgrazie che stavano per cadere sui popoli della Terra e sulla Chiesa.
I due pastorelli, che conoscevano solo il dialetto locale, ricevettero allora il gran Messaggio sui pericoli che minacciavano la Francia e il mondo.
La causa principale era il grande decadimento del clero e della vita religiosa.
Inoltre, incombevano le insidie massoniche operate attraverso Napoleone III, che avrebbero scatenato l’attacco diretto contro la Roma cattolica, preludio di un’invasione apocalittica e dell’apertura del «pozzo dell’abisso».
«Roma perderà la Fede e diventerà la sede dell’Anticristo!».
Questo Messaggio fu inviato a Roma nel 1851 e Pio IX ne prese conoscenza, riconoscendo la sua gravità.
Nel 1854, Pio Xl proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione.
E’ il modo secondo la saggezza divina con cui i Papi affrontano i pericoli del mondo.
La parte segreta del Messaggio di La Salette poteva essere conosciuta nel 1858, secondo la richiesta della Madonna di farlo passare a tutto il Suo popolo.
E nel 1858, avvenne la grande Apparizione di Lourdes, nella quale la Madonna confermò il dogma definito da Pio IX.

Quale effetto straordinario per la Chiesa se ai miracoli della Vergine si fossero aggiunti i Suoi Messaggi profetici, dati a La Salette, per essere conosciuti proprio allora!
Ma la storia della Veggente di La Salette è strana e in quell’anno la pastorella era in clausura, a Darlington, in Inghilterra, per ordine del vescovo di Grenoble, contro il suo volere e il parere del Papa che riconosceva l’importanza della sua missione.
Risulta (...) che membri della gerarchia e del clero francese non vollero che il Messaggio di La Salette fosse diffuso a Lourdes.
Esso accusava, infatti, il raffreddamento e l’impurità dei consacrati, ragion per cui fu censurato e lo rimane tuttora!
Ma il risultato fu che non si diresse abbastanza il fervore della preghiera e penitenza cattolica per riparare a Dio, evitando i mali profetizzati dal Messaggio, ma divenuti realtà.
Ecco che nelle 18 àpparizioni nella Grotta di Lourdes, alla giovane Bernardette Soubirous la Madonna si limita a dare indicazioni brevi ed essenziali: Rosario e penitenza; riparazione e penitenza.
C’è l’annuncio della crisi della fede e del futuro regno del Sacro Cuore di Gesù e di Maria Immacolata.
L’ultima apparizione avvenne il 16 luglio, festa dello Scapolare di Nostra Signora del Monte Carmelo.

Il Messaggio di La Salette racchiude l’avviso dell’inizio delle profezie apocalittiche di San Giovanni.
Per averlo trasmesso, Melanie, uscita dal convento di Darlington nel 1860, quando si diede ascolto alle richieste di soccorso che essa lanciava dalle finestre, fu perseguitata e visse esiliata in Italia, dove trovò l’accoglienza dei Papi Pio IX e Leone XIII, che la ospitò a Roma affinché scrivesse i particolari dell’Ordine degli Apostoli degli ultimi tempi, dettati dalla Madonna.
Ma Roma cattolica era stata presa d’assalto durante il Concilio Vaticano I (quando massoni ed ebrei promuovevano anticoncili).
Dopo l’assalto di Porta Pia, essa non era più la stessa e il Papa si considerava prigioniero in Vaticano.
Quel che era stato profetizzato, per la storia dei popoli e della Chiesa nella sfera materiale, era avvenuto!
Melanie visse a Castellamare e a Lecce, i cui santi vescovi autorizzarono la pubblicazione integrale del Messaggio, ciò che avvenne solo nel 1879.
Ma i pericoli interni nella vita ecclesiale dovevano ancora manifestarsi come ben videro i Papi a conoscenza del Segreto di La Salette: Pio IX e specialmente Leone XIII, che, avvertendo i mali incombenti contro la Chiesa stabilì gli esorcismi contro i poteri di Satana.

Eccone un brano soppresso nelle edizioni correnti: «Le orde astuziosissime hanno riempito di amarezza la Chiesa, Sposa Immacolata dell’Agnello, e l’hanno inebriata con l’assenzio; si sono messi in opera per realizzare tutti i loro empi disegni. Là, dove è costituita la Sede del Beatissimo Pietro e Cattedra della Verità per illuminare i popoli, là, hanno collocato il trono dell’abominazione della loro empietà, affinché, ferito il Pastore, le pecore fossero disperse!».

Nel 1899, Papa Leone XIII, con l’Enciclica «Annum Sacrum», ordinò la consacrazione del genere umano al Sacro Cuore di Gesù.
In quell’occasione scrisse ai vescovi per invitarli a sviluppare questa devozione e la pratica della comunione dei nove primi venerdì e la consacrazione del mese di giugno al Sacro Cuore.
Al vescovo di Marsiglia scrisse il 6 luglio 1899: «Si può dire senza paura di sbagliare che era nei disegni della Divina Provvidenza unire la Francia al Sacro Cuore con lacci privilegiati di affetto!».
In questo spirito, la richiesta di consacrazione della Francia e dei suoi eserciti al Sacro Cuore e con la Croce dipinta sulla bandiera nazionale, fu ripetuta ancora nel 1917, durante la presidenza di Poincaré.
Egli, che aveva fatto appello a «L’Union Sacrée» dei francesi durante la guerra, ricevette la richiesta attraverso la mistica Claire Ferchaud.
Anche qui la storia è complicata e risulta che Benedetto XV, consultato in proposito, abbia considerato la pro-posta inopportuna e che di questo stesso parere sia stato il cardinale Billot, gesuita, che parlò di con-traddizione applicato alla bandiera; un sogno impossibile anche perché, essendo questa portata in guerra, sarebbe stata contro l’ugual diritto dei popoli di onorare (o dimenticare) il Sacro Cuore di Gesù (FPM, pagina 231).
La Misericordia Divina, dopo la morte di Papa Leone XIII, si manifestò suscitando un santo Pastore che predicò «urbi et orbi», senza sosta, che la vera pace consiste nell’instaurare tutto in Cristo.
Fu San Pio X che visse fino a quando l’odio rivoluzionario, che da secoli tramava la distruzione di ogni potere cattolico, fece scoppiare la I Guerra Mondiale che avrebbe smembrato l’Impero (Apostolico) dell’Austria.
Il mondo fu sordo agli appelli del Santo Padre, il cui cuore si fermò alla vigilia di questo orrendo conflitto che marcò l’inizio del tramonto della Civiltà Cristiana che aveva portato in tutto il mondo la Religione
rivelata!

Il Segno di «Rue du Bac» e il Liberalismo nella Chiesa

Per prevenire e rinforzare la Chiesa contro questi poteri terreni che avanzavano, ci fu, nel 1830, undici giorni prima del colpo di Stato orleanista, l’Apparizione della Madonna, a Parigi, nella cappella della «rue du Bac», alla giovane religiosa Catarina Labouré, che fu poi invitata a diffondere la «Medaglia Miracolosa» che sarebbe stata di immenso sostegno per tutto il Cattolicesimo.
Qui si deve ricordare un punto molto importante anche per la lettura di Fatima: le forze terrene non avrebbero avuto presa sulla Chiesa salda nella fede; ecco perché il vero pericolo, nel ‘89, come nel 1830, nel ‘17 come ora, non viene tanto dal furore rivoluzionario, quanto dalle insidie di una «apertura» religiosa da parte di ecclesiastici liberali.
Malgrado le condanne del Magistero pontificio c’è sempre stata confusione sul termine liberalismo.
Ricordiamo, perciò, concisamente, che liberalismo è, essenzialmente, attribuire alla libertà umana priorità sulle verità rivelate nella legge di Dio.
Ne consegue che questa ribellione contro la verità, custodita dalla Chiesa, è tanto più insidiosa quando perpetrata da chierici o da prelati.
Molti di questi si erano manifestati scandalosamente dal 1789, addirittura apostatando per servire la Rivoluzione; altri si erano adattati acrobaticamente alle alternanze del potere, come il vescovo Talleyrand.
Ma il vero tentativo di accogliere e battezzare il liberalismo nella dottrina cattolica fu osato solo a partire dall’abate Lamennais in poi.
Dal XIX secolo, questo liberalismo religioso ha fatto tre grandi tentativi per impossessarsi del timone nella Chiesa.
Il primo, di Lamennais, consisteva nel considerare il diritto alla libertà un fatto universale, in cui si inseriva quello della libertà della Chiesa, come una specie particolare di fronte al genere.
Questa posizione, quanto alla libertà religiosa, aveva per conseguenza logica la totale separazione tra Stato e Chiesa, della legge degli uomini dalla legge di Dio.

Dopo la rivoluzione del 1830, questa rottura rivoluzionaria si aggravò perché venne presentata dalla corrente liberale dell’abate Lamennais all’opinione pubblica come «cattolica», cioè come proposta dai veri e coraggiosi difensori della libertà della Chiesa.
Ecco come fu inaugurato l’inganno oggi imperante.
Ma, allora, questo primo tentativo insidioso fu subito fermamente respinto dal Papa Gregorio XVI con l’enciclica «Mirari Vos» del 1832 dove, riconoscendo l’entità del pericolo, erano invocate parole della profezia apocalittica di San Giovanni.
Il secondo tentativo per creare un «liberalismo cattolico» fu macchinato con l’allettamento di una alleanza strategica della Chiesa con l’idea democratica.
Questa tentazione fu respinta, con grande forza e precisione dottrinale, dal Papa Pio IX nell’enciclica «Syllabus» e nel Concilio Vaticano I: non vi è maggioranza democratica che possa prevalere sull’infallibilità della Chiesa e del Papa, custodi della Verità rivelata.

Nel 1871, Pio IX, ricevendo una delegazione di cattolici francesi, diceva: «C’è un male più temibile che la Rivoluzione, più temibile che la Comune, con i suoi uomini scampati dall’inferno che hanno seminato il fuoco a Parigi. Quel che io temo è questa infelice politica; è il liberalismo cattolico ad essere il vero flagello!...».
Il terzo tentativo ottenne un successo pratico sotto Leone XIII che, sebbene fermo nella Dottrina, concesse il cosidetto «raìllement», ossia un’alleanza dei cattolici francesi con  il governo che operava con principi liberali condannati dalla Chiesa.
Ma, siccome Leone XIII concedeva in Francia quello che negava nella «Questione Romana», sarà bene adesso approfondire questa, per capire come quel «raillement» transalpino si trasferisse poi a Roma e in campo religioso e oggi, dopo il Vaticano Il, non sia più nemmeno distinguibile, tanto è ben riuscito!

Daniele Arai

(Fine prima parte)


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