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L’agente del 9/11 di nuovo operativo
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La crisi «generata» che metterà alla prova la stoffa di Barack Obama è forse in preparazione? Possono suggerirlo alcuni fatti.

Come si ricorderà, l’11 settembre 2001 erano in corso almeno 11 esercitazioni aeree e di soccorso di vario tipo, alcune che simulavano diversi dirottamenti in contemporanea (i controllori di volo di New York furono mandati in confusione da numerosi «blip» simulati sui loro radar), altre che si preparavano ad aiuti di emergenza per una catastrofe (sicchè la Protezione Cviile americana, la FEMA, già alla sera del 10 settembre aveva allestito infermerie, baracche e cucine da campo sul molo antistante le Towers).

Ebbene: durante il G-20 a Washington ha avuto corso - dal 12 al 18 novembre - una esercitazione chiamata «Vigilant Shield ‘09». Centrata sulla «difesa della patria e il supporto civile», l’esercitazione (secondo il comunicato del Pentagono) doveva mettere alla prova «la risposta sincronizzata di partner federali, di Stato, locali e internazionali in preparazione alla difesa interna (homeland defense), sicurezza interna, e missioni di supporto civile in USA e all’estero» (1). Sic.

Si aggiunge che Vigilant Shield «includerà scenari atti a raggiungere gli obbiettivi dell’esercitazione nei campi della difesa marittima, aerospaziale, missilistico-balistica, nelle cyber-comunicazioni, nella gestione delle conseguenze, nella comunicazione strategica e nell’anti-terrorismo».

Qualunque cosa ciò voglia dire, sembra grossa.

Le centrali che guidano l’esercitazione sono NORAD (il sistema di difesa aerea del nord America) e NorthCom, il comando strategico creato da Bush nell’ottobre 2002 come copertura degli stessi Stati Uniti. Altri partecipanti citati nel comunicato-stampa sono «the US Strategic Commands ‘Global Lightning 09», che «è un piano per l’uso di armi nucleari in un attacco di sorpresa», «Bulwark Defense 09», che pare essere un sistema di controllo del «cyberspazio» gestito dal Pentagono, «Determined Dragon» (gestito dai comandi del Canada), e «Golden Guardian», della Guardia Nazionale della California.

Sembra trattarsi di più esercitazioni sincronizzate.

«Golden Guardian 2008» è stata un’esercitazione della Guardia Nazionale californiana già avvenuta mesi fa; simulava «la risposta e il soccorso» in un terremoto «del grado 7,8 nella parte meridionale della Faglia di Sant’Andrea».

Un altro indizio possibile: sarebbe tornato negli USA un personaggio che ebbe una parte oscura nell’attentato dell’11 settembre. Quell’uomo è Dominik Suter, il proprietario della Urban Moving Systems: ossia della ditta di traslochi, di cui cinque facchini furono visti  celebrare e riprendere le Towers in fiamme, congratulandosi fra loro.

I cinque - che sarebbero passati alla storia come «gli israeliani danzanti» - furono fermati dalla polizia di New York, che li consegnò all’FBI. Furono detenuti per 71 giorni, interrogati ripetutamente; alcuni di loro rifiutarono di sottoporsi alla macchina della verità con la motivazione che, essendo agenti dell’intelligence israeliano, avrebbero potuto rivelare cose su cui erano tenuti al segreto. Alla fine furono espulsi per visto scaduto e lavoro illegale - insomma rimandati in Israele sani e salvi - per ordine del procuratore di New York, Michael Chertoff, israeliano con doppia cittadinanza, poi elevato da Bush alla carica di ministro: è ancora capo della Homeland Security.

Quanto al datore di lavoro dei «dancing Israelis», Dominik Suter, fu interrogato una prima volta a piede libero dai federali. Quando questi andarono a interrogarlo una seconda volta nella sede della ditta a Weekhavken (New Jersey), l’uomo s’era reso irreperibile.

Di questa scomparsa si occupò anche un programma TV, «2020», che mandò i suoi reporter a vedere la ditta: «Sembrava che l’attività fosse stata chiusa in fretta. C’erano telefoni cellulari abbandonati; le linee dei telefoni fissi erano ancora attive; mobili di clienti erano stati abbandonati in magazzino. Il proprietario aveva lasciato la sua abitazione in New Jersey, che risultava ora in vendita, e tornato con la famiglia in Israele».

L’FBI si interessava all’uomo ancora nel febbraio 2002, come risulta da un documento di richiesta di informazioni sui movimenti finanziari a suo nome, ricevuti anche da banche italiane.

Oggi, Dominik Suter pare tornato in USA; il suo arrivo è segnalato da un blogger anonimo, «Liberal White Boy» - sotto lo pseudonimo si nasconde un pubblicista vicino al mondo TV - che in passato ha fornito informazioni rivelatesi esatte (altre, esagerate o provocatorie). Se non è disinformazione, è una notizia molto allarmante, dato che Suter è un agente del Mossad di certo (2).

Terzo: Omert ha ordinato ai comandi di Tsahal di preparare «diversi piani di azione contro il dominio del terrore di Hamas (sic) con l’uso di tutta la forza necessaria  nella risposta alle violazioni».

Olmert si riferisce agli «incidenti» che sono in corso dal 5 novembre: da quando il glorioso Tsahal ha trucidato nella striscia di Gaza sette mebri di Hamas, al che Hamas ha risposto sparando due razzi Kassam, dopodichè Israele, con elicotteri e missili, ha incenerito altri quattro palestinesi, accusando Hamas di aver «rovinato» la tregua.

Ma il bastone, contro questi arabi, non basta mai. Da allora è accaduto quel che l’agenzia palestinese Ma’an descrive così (ringrazio il lettore Carlo Antonelli per la traduzione da noi pubblicata il 17 novembre): «Sotto assedio: il 70% della Striscia di Gaza è al buio; Israele allontana convogli che trasportano medicine».

Questa tragedia è confermata punto per punto dagli operatori dell’ONU sul campo, che hanno protestato invano contro il blocco dei medicinali, e dalla Croce Rossa, che ha appena diffuso un rapporto sullo stato di malnutrizione cronica dei bambini palestinesi, dove denuncia anche le morti di malati di Gaza che potevano facilmente essere salvati, se non fosse stato negato loro il passaggio in ospedali fuori dal lager.

Naturalmente nè il Corriere di Mieli nè la Repubblica, nè la Stampa e le TV di Katz hanno pubblicato una riga di queste proteste ufficiali.

Ma la cosa ha comunque allarmato Tzipi Livni (dopo tutto quel che ha speso nella campagna-simpatia pro Israele), tanto che - al ministro degli Esteri britannico David Miliband, appena giunto in visita - ha detto che «si aspetta dalla comunità internazionale l’appoggio allo Stato ebraico per la presa di posizione contro Gaza» (3).

David Miliband essendo figlio del popolo eletto, non c’era bisogno di convincerlo (è andato subito in visita a Sderot, dove cadono i razzi Kassam senza mai fare un danno, ed ha detto letteralmente: «Non vedevo l’ora di esprimere la mia solidarietà»): evidentemente, la Livni gli ha dato la disposizione di diramare i suoi ordini ai noachici europei (4). La padrona «si aspetta» da noi niente di meno che applausi per i suoi omicidi.

Dunque è in preparazione un attacco massiccio a Gaza per farla finita con Hamas, mentre viene stretto ancor di più il nodo scorsoio al mezzo milione di palestinesi lì rinchiusi, e da 17 mesi sotto «cura dimagrante» del generoso popolo  ebraico.

Forse varrà la pena di ricordare che anche l’attentato dell’11 settembre servì ottimamente a sottrarre Israele da una posizione insostenibile - dalla parte del torto in cui s’era messo nel suo rifiuto di far avanzare il processo di pace di Oslo.

Subito dopo il mega-attentato, Sharon e Netanyahu non riuscirono a nascondere la loro soddisfazione: «Ora anche voi capite con che terroristi abbiamo a che fare noi», dichiararono ai media americani. Quasi danzavano anche loro.

C’è inoltre da mettere alla prova la stoffa di Obama. A proposito: il capo dello Stato ebraico Shimon Peres ha riferito di una sua recente conversazione con il primo presidente negro.

Al primo incontro, Obama gli ha chiesto: «Cosa posso fare per Israele?»
E Peres: «Diventa un grande presidente degli Stati Uniti».

Come a dire: al resto pensiamo noi.




1) Matthew Rotschild, «What is NorthhCom up to?», The Progressive, 12 novembre 2008. Rotschild è un giornalista molto progressista. La nota famiglia copre molti campi diversi. Nel 1988, quando fu ucciso da un misterioso attentatore il primo ministro svedese socialista Olof Palme (una faccenda di armi israeliane, pare), la polizia cercò invano di interrogare la sua amante – baronessa Emma Rotschild, molto di sinistra – che si sottrasse alle curiosità tornandosene a Londra.
2) «He’s back: Israeli terrorist mass murderer and businessman Dominik Suter applies for second SBA loan», LWB Business News, 14 novembre 2008. Secondo l’ipotesi più ragionevole, i ragazzoni della Urban Moving System erano operatori di basso rango, utilizzati per portare nelle Towers i materiali voluminosi necessari alla spettacolare operazione-crollo dei due grattacieli: cosa per cui una compagnia di traslochi offre la copertura migliore. I nomi dei cinque sono: Silvan e Saul Kurzberg (fratelli), Yaron Shmuel, Oded Elner e Omer Marmar. Tutti risultavano appena dimessi da un settore speciale dell’esercito israeliano; alcuni di loro erano già noti all’FBI, nonostante la giovane età, come agenti dello spionaggio.
3) «Support urged for Israeli stand on Gaza», Herald Sun (Australia), 17 novembre. «Israeli foreign minister Tzipi Livni has told her visiting British counterpart David Miliband she expects the international community to support the Jewish state's tough stand in Gaza».
4) ADN Kronos, 17 novembre. «Cosa posso fare per Israele? Diventa un grande presidente degli Stati Uniti». Questo lo scambio di battute tra il neoeletto presidente americano ed il presidente israeliano Shimon Peres, nel corso di una conversazione di cui il capo di Stato israeliano ha riferito oggi il contenuto.


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